Ripartire dall’educazione (nn. 9-10/2025)
Giuseppe Chiaromonte, Vicepresidente nazionale UCIIM
In questi ultimi anni, nelle molteplici esperienze formative condotte in ambienti ucimini e più generalmente scolastici e universitari, con la partecipazione di docenti di diversi ordini e gradi scolastici, proponendo laboratori di Didattica delle Educazioni, spesso accompagnati da riferimenti all’«Area antropologica» in un’ottica culturale piuttosto ampia e variegata, si avverte come crescente la necessità di percorrere la tematica educativa in tutte le sue declinazioni per riportarla al centro della professione docente. Troppo spesso, infatti, quest’ultima è maggiormente curvata verso la didattica pura e non adeguatamente interessata agli aspetti che afferiscono alla motivazione che deve spingere i discenti a cercare nei percorsi educativi l’applicazione pratica dei contenuti disciplinari tout court.
Questi, infatti, oggi più che mai, devono essere resi significativi, come ci ha indicato la didattica per competenze, devono cioè rendere chiaro agli studenti quali risvolti e quale esplicazione possono avere all’interno di un percorso formativo e di vita che essi stanno costruendo. E ciò può avere luogo soltanto se i contenuti si fanno esperienza, diventano cioè occasione di sperimentazione e, al contempo, di nuova conoscenza applicata e di sviluppo di competenza. I percorsi educativi, nel senso ampio del termine, se ben progettati e resi davvero trasversali alle discipline, possono essere efficaci in tale direzione.
L’educazione deve ritornare ad essere un aspetto imprescindibile della missione del docente, un aspetto che deve accompagnare tutti i momenti della didattica, che deve farsi essa stessa didattica praticando quei principi di intenzionalità e responsabilità che le sono propri e che caratterizzano l’azione umana guidata e resa consapevole.
Ripartire dall’educazione oggi può essere non solo un motto, tra l’altro storicamente caro alla nostra Unione, ma soprattutto una spinta a rilanciare la missione dei docenti nella Scuola in una prospettiva tanto antica quanto estremamente attuale. Proporre e sperimentare insieme ad alunni e studenti il «perché» e il «come» delle azioni umane nei diversi contesti, dalla sezione all’aula, dallo spazio-scuola ai diversi spazi dell’extra-scuola con i quali gli istituti scolastici si coordinano in azioni sinergiche, devono tornare a rappresentare oggi l’essenza dell’agire educativo, che si accompagna e si integra con l’agire didattico.
Educare e istruire devono costituire un binomio inscindibile senza il quale oggi la scuola rischia di perdere il contatto con la realtà. Le nuove generazioni hanno la possibilità di ritrovarsi e crescere in una pluralità di contesti nei quali apprendono linguaggi e modalità che accrescono il loro bagaglio di vita, ma che necessitano di raccordo e coordinamento, quel compito che proprio la scuola, nella sua dimensione globalmente educativa deve assolvere. Istruire educando o educare istruendo, due volti di una stessa medaglia che posizionano la Scuola ancora oggi, speriamo sempre, come la principale agenzia formativa dei giovani, al passo con loro e con i loro bisogni, misurandosi con la complessità e impegnandosi a governarla.
Nelle esperienze maturate con colleghi di diversi contesti territoriali sono stati progettati percorsi didattico-educativi sulle più varie tematiche afferenti il concetto di educazione e cura. È interessante scoprire come una buona parte di questi percorsi, alla domanda di potessero essere i bisogni educativi degli studenti, tutti si siano indirizzati verso l’aspetto emotivo e questo non solo per ragazzi adolescenti, ma anche pre-adolescenti o ancora bambini. Si avverte crescente il bisogno, espresso dai discenti e raccolto dagli insegnanti, di parlare di emozioni, di socializzarle e di indirizzarle su sentieri sicuri nei quali riuscire a gestirle con maggiore serenità.
Ragazze e ragazzi che sembrano non avere armi difronte al verificarsi di eventi di vita quotidiana, un’amicizia tradita, una relazione sentimentale finita, un’altra mai iniziata, un compito sbagliato, un’interrogazione insoddisfacente, un voto ritenuto ingiusto, uno sgarbo di qualcuno e di seguito reazioni incontrollate, spropositate, inappropriate, come a non saper controllare un’emozione forte e tirare fuori il peggio di se stessi. Da qui nasce il bisogno di percorsi educativi di gestione delle emozioni, nei quali il confronto in circle-time, lo scambio dei ruoli, un canovaccio teatrale, la destrutturazione di un’esperienza, la costruzione di un contenuto in cooperative learning, che sia letterario, artistico, musicale, tecnologico, possono aiutare a capire se stessi, a sapersi relazionare con maggiore empatia, ad avvicinarsi all’altro da sé e comprenderne la diversità e la ricchezza, a costruire ponti e mai barriere.
Adolescenti che non si piacciono per come sono, che vanno ascoltati e spronati all’autostima; altri che hanno un modo sbagliato di alimentarsi ai quali è utile proporre percorsi educativi di educazione al benessere psico-fisico; giovani che vivono un rapporto continuo con le strade e i pericoli che le attraversano e che vanno aiutati nel rapporto con i mezzi di locomozione e il loro utilizzo; ancora, bambini e ragazzi verso i quali si avverte la necessità di costruire e attuare percorsi di rispetto verso se stessi e verso gli altri, compagni o adulti, verso i beni che appartengono alla collettività, verso l’ambiente naturale, altre volte verso il genere sessuale o verso l’identità personale.
Credo, d’altra parte, che gli aspetti educativi siano quelli nei quali la figura dell’individuo-persona, il contatto diretto, fatto di motivazione, di sguardi, di occhi che si parlano, di mani che si incrociano, di orecchie che si ascoltano, di bocche che sanno parlarsi, conservi un valore imprescindibile.
Non posso in questa sede dimenticare di citare l’Intelligenza Artificiale e il ruolo che essa potrebbe rivestire in ambito formativo.
Ad un primo approccio mi sento di ritenere che, almeno per il momento, l’AI non riesca ancora a sostituire e forse neanche ad accompagnare il docente in quella relazione umana che richiede a quest’ultimo di attivare meccanismi che mirano a motivare, a incuriosire, a far comprendere il valore della cura, orientata verso noi stessi o verso i nostri simili, verso gli animali o i vegetali o il Pianeta intero, ma anche verso le bellezze antropiche ideate, costruite e tramandate da generazioni che ci hanno preceduto in ogni angolo della nostra meravigliosa Terra. Non possiamo ipotecare le evoluzioni future dell’AI, per adesso teniamoci stretto il ruolo di docenti-educatori.
In un percorso che è fondamentalmente di coinvolgimento esperienziale, nel quale pure i contenuti restano imprescindibili, nel loro intrecciarsi e contaminarsi e negli agganci reciproci che possono cogliere, rimane decisiva la spinta emotiva che solo la persona, un insegnante appassionato, motivato, entusiasta e persuaso della sua missione, può fornire in chiave educativa e di cura.
Nei percorsi educativi e formativi, inoltre, un posto importante riguarda la partnership, ovvero nella Scuola la capacità di lavorare con gli altri, di unire contenuti e azioni, di dividersi compiti e ruoli in un progetto unico che mira a un solo risultato, frutto di cooperazione e di condivisione.
In ultimo, ma in realtà proprio da qui dovremmo cominciare, l’educazione alla pace: oggi, nella inquietante attualità che ci troviamo a vivere, c’è tanto bisogno di educare alla pace, a cominciare dai più piccoli fino ai ragazzi che si accingono ad entrare nel mondo dei grandi. La pace nasce e si matura nei contesti scolastici, a contatto con i propri simili, nel confronto tra idee diverse, nell’ascolto, nell’attuazione dell’inclusione, nel superamento di stereotipi e pregiudizi, nella partecipazione, nella solidarietà.
La scuola è il luogo dove si impara dal passato a coltivare il presente e a costruire il futuro di una società più giusta e pacifica. Bambini e ragazzi lo invocano, a noi docenti ed educatori il compito di aiutarli a raggiungerlo.
