Ricordando Pier Paolo Pasolini
P. Giuseppe Oddone
Cinquanta anni fa, nella notte fra sabato 1° novembre 1975 e la domenica 2, moriva all’Idroscalo di Ostia, assassinato da un ragazzo di 17 anni, in circostanze comunque ancora non del tutto chiarite, Pier Paolo Pasolini (1922-1975).
Pasolini era ed è rimasto tuttora una figura difficile da focalizzare, emblematica e complessa della cultura italiana nei tre decenni che vanno dalla seconda guerra mondiale alla sua morte (1945-1975). Fu un intellettuale attivo in tutti i campi: nella poesia e nella narrativa, nel giornalismo, nel teatro e nel cinema, nell’analisi critica della vita politica e della società del suo tempo, segnata dal neocapitalismo, dalla logica del mercato, dalla comunicazione di massa. Si può considerare come una specie di profeta laico, che prevede la fine della storia e della civiltà cristiana e anche del marxismo politico, in qualche modo anche la sua stessa morte, perché rifiutato e diverso; è contro il pensiero laico-liberale in cui vede il volto del potere; sogna un mondo che rifiuti il consumismo e che si accontenti dell’essenziale: per certi aspetti è un profeta scomodo per i non credenti come lo fu nella Chiesa di quel tempo Don Lorenzo Milani; con lui condivide l’utopia di una nuova società, di un’identità popolare che ripudia l’omologazione, ma dà a tutti l’essenziale, ossia la parola, il pane, l’eguaglianza, la giustizia.
La sua educazione cattolica
Pasolini visse gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza fino alla prima giovinezza orientato nella cultura e nell’educazione cattolica. Conobbe ed assorbì i valori del cristianesimo, soprattutto nella sua espressione contadina e popolare nel periodo trascorso a Casarza nel Friuli
con la mamma Susanna Colussi ed il fratello minore Guido, che militò poi nella Resistenza di orientamento cattolico-socialista e fu ucciso nella primavera del 1945 dai partigiani comunisti italiani, alleati con i partigiani jugoslavi di Tito. Come tutti i ragazzi del suo ambiente Pier Paolo
frequentò la Chiesa e i sacramenti. Questi valori cristiani si sedimentarono nel suo inconscio e riemersero anche quando si dichiarò marxista ed ateo; mantenne un legame profondo e tormentato con la spiritualità e il sacro, spesso espresso in chiave polemica o personale. Lo dimostrano tre sue opere, due raccolte poetiche ed un film.
Ne “L’usignolo della Chiesa Cattolica” (1943-1949) raccolta giovanile di poesie egli si rivela ancora immerso in una dimensione lirica e spirituale, contraddistinta però da una tensione tra purezza e colpa, sacro e profano. Il poeta esprime la sua religiosità attraverso il filtro del corpo, tra desiderio e coscienza del peccato, in una dialettica complessa con la morale proposta della Chiesa.
Ne “La religione del mio tempo” (1961) evidenzia la sua crisi di fede e i drammi interiori nel contesto del “nuovo potere” e del neocapitalismo degli anni ’60. La “religione” di Pasolini si sposta verso una passione civile e una ricerca di verità nelle periferie e nel “mondo contadino”, ormai
minacciato.
“Il Vangelo secondo Matteo” (1964) conferma la sua scelta di girare un film fedele e intenso sulla vita di Cristo, con una forte enfasi sulla povertà evangelica e la figura della Madre (Maria), interpretata da sua mamma: è la testimonianza di una sua profonda indagine sul sacro e indirettamente sulla sua innocenza perduta. Pasolini vedeva nel Vangelo una purezza originaria e rivoluzionaria, una realtà “sacrale” che sopravviveva nelle condizioni di vita dei poveri.
Pasolini accolse inoltre con interesse e speranza l’avvento di Papa Giovanni XXIII e l’apertura del Concilio Vaticano II, vedendovi un potenziale cambiamento positivo e l’espressione di una Chiesa più vicina agli umili e meno legata al potere. Dedicò, infatti, il suo film Il Vangelo secondo Matteo “alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII”.
La sua scelta di vita
Dietro l’attività di poeta, di romanziere, di regista cinematografico c’è tuttavia la sofferta storia di un uomo segnato dall’omosessualità che condiziona Pasolini per tutta la vita fino alla sua tragica morte. Già nelle poesie giovanili raccolte ne “L’usignolo della Chiesa cattolica” egli
manifesta questo suo impulso, confondendo religiosità ed erotismo, e finisce, con un atteggiamento narcisistico, per identificarsi in Cristo Crocifisso che “nel corpo sente spirare odore di morte”; per sacralizzare il suo impulso sessuale, il giovane poeta lascia intuire la sua diversità e fa di Cristo un simbolo della condizione esistenziale dell’emarginato. Cito per esemplificare una
sola strofa, nella quale, nonostante l’ambiguità, traspare amore sincero per il Redentore: “Cristo, ai tuoi poveri / figli dispersi / nell’infinito / cielo del vivere, / ecco, morendo / Tu lasci questa / finita Immagine. / Soave fanciullo, / corpo leggero, / ricci di luce… / è San Giovanni. / Perduti in nubi /
d’indifferenza / in Sé ci chiama, / in Sé ci trasforma /questo Tuo Corpo”. (La passione)
Sogna un mondo incontaminato, una specie di stato di natura pura collegato all’infanzia, alla figura materna, al popolo contadino friulano ed al suo paesaggio. Ma ben presto traspare la situazione di conflitto, prima nella sua coscienza, poi con la società che lo circonda. Si sente
giudicato e discriminato. Avverte il dolore, la contraddizione, il male ed il dolore nella sua vita e nella storia. Tuttavia le sue scelte omosessuali, di erotismo solitario o condiviso, nonostante un iniziale senso di rimorso, esigevano una giustificazione razionale: ogni scelta morale ha infatti sempre un contraccolpo sull’intelligenza che deve trovare delle motivazioni al proprio comportamento. Pasolini finì ben presto per cercare di rimuovere ogni sentimento di colpa; giudicò la sua situazione come una forza irresistibile, e la norma morale come una prigione da cui evadere, si definì un “cinico innocente” che gusta “il frutto proibito…. L’illecito t’è in cuore / e solo esso vale, / ridi del naturale / millenario pudore”. (L’illecito)
Con l’adesione al marxismo ritenne la condanna dell’omosessualità un pregiudizio borghese, una forma di repressione della società capitalistica. Giunto a Roma, proiettò il suo sogno giovanile nel sottoproletariato delle borgate romane, nella formicolante umanità dei suburbi, e creò sia nei romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta sia nella raccolta poetica Le ceneri di Gramsci, il mito di un popolo abietto sì, ma incontaminato, libero da norme morali, anarchico, violento ed innocente allo stesso tempo, che per sopravvivere conduce un’esistenza inconsciamente libera e felice, perché abbandonato ad una “stupenda, adusta sensualità”. In questo “inferno” egli volle scendere con marmorea volontà di capirlo e di rimanerci dentro. Finì per rimanerne vittima, brutalmente assassinato da uno di quei ragazzi, da quella forma di vita che egli aveva giustificato ed idealizzato.
Pasolini avvertì tuttavia costantemente le contraddizioni della sua vita sia nella sua precedente adesione al cristianesimo, sia nella sua interpretazione del marxismo: con Cristo e con Marx nella luce dell’intelligenza, contro di loro nelle “buie viscere” della sua sensibilità e dei suoi istinti. Così afferma in una celebre terzina, riferendosi a Gramsci, ma per analogia possiamo estendere la dichiarazione anche a Cristo stesso: “Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro te; con te nel cuore / in luce; contro te nelle buie viscere…”. (Le ceneri di Gramsci IV)
Pasolini visse la sua omosessualità (e il suo “diverso essere”) come una componente biologica, istintiva e ineliminabile, un dato di natura che egli scelse di non reprimere. Questa visione lo rese un’icona controversa, ma anche una figura centrale per la successiva riflessione sulla diversità e la tolleranza.
È tuttavia importante distinguere tra l’omosessualità come orientamento (che è moralmente neutro) e la corruzione di minori come crimine e violazione grave della dignità umana. I comportamenti di Pasolini che hanno implicato abusi sessuali (come emerso da alcune vicende giudiziarie) non possono essere giudicati se non come atti penalmente e moralmente illeciti. Non esiste giustificazione etica o culturale per l’abuso o lo sfruttamento di persone vulnerabili, in particolare di minori. Questo aspetto della sua vita, spesso legato alla sua ricerca ossessiva e idealizzata di una “purezza popolare” nella sessualità, resta una macchia indelebile che contraddice il suo stesso impegno per gli ultimi.
L’attività culturale
Pasolini svolse un’intensa attività culturale con tutti gli strumenti che aveva a disposizione; inizialmente nel campo della letteratura con la poesia ed i romanzi, poi nei suoi articoli e nei vari film: polemizzò contro il prospettivismo, ossia contro un’arte falsata da volontaristiche fiducie, incanalata nel rigido schematismo di un continuo progresso sociale. Preferì dapprima una poesia che facesse spazio al privato, al proprio corpo, alla propria terra e in seguito un racconto che evidenziasse le sacche di miseria e di dolore della società contemporanea. Fu testimone di una crisi anche all’interno del marxismo che professava; preferì descrivere il vitalismo proletario, anarchico, istintivo, libero da qualsiasi legge razionale e da qualsiasi consapevolezza, ma segnato anch’esso dal dolore, dalla violenza, dalla delusione politica.
Polemizzò contro la Chiesa: nei suoi film fu spesso spregiudicato nell’utilizzare in modo polemico e provocatorio i simboli sacri della religione cattolica. Per questo fu accusato di blasfemia. Pur considerando il messaggio evangelico come spinta alla solidarietà, Pasolini attaccò la Chiesa come potere che spesso strumentalizza la religione per fini di controllo ed interesse, ma auspicò una possibile funzione critica della gerarchia cattolica contro il consumismo dominante.
Per lui la religione autentica aveva una dimensione prevalentemente interiore e soggettiva, radicata tuttavia in una tradizione popolare.
Negli accesi dibattiti del tempo sul divorzio e sull’aborto, dimostrò da laico non credente un’attenzione al valore “sacro” della famiglia e della vita. Anche se non direttamente coinvolto nella battaglia referendaria sul divorzio, Pasolini espresse posizioni pubbliche molto controverse, disorientando gli stessi intellettuali di cultura marxista, prima contro l’introduzione della legge sul divorzio, poi soprattutto riguardo all’aborto che considerava una “legalizzazione dell’omicidio”, appellandosi al “sacro” della vita prenatale. Sebbene le sue posizioni non fossero ufficialmente di matrice cattolica (vedeva il divorzio come la distruzione dei tradizionali valori popolari e famigliari e l’aborto come un tragico effetto dell’omologazione consumistica e della falsa tolleranza), esse toccarono corde sensibili nel mondo cattolico, anti-divorzista e anti-abortista. Questo dimostra un suo profondo rispetto per la famiglia e per la vita e la sua capacità di criticare le scelte stesse dei suoi compagni politici.
Si oppose anche alla televisione che sosteneva e diffondeva il consumismo, da lui giudicato una forma totalitaria del neocapitalismo, quel potere occulto che omologa i comportamenti, sviluppa bisogni artificiosamente creati, cancella culture e valori secolari, rende gli uomini identici e interscambiabili, spegne la loro identità personale, trasforma profondamente i desideri individuali e collettivi, distrugge forme di religiosità popolare e legami comunitari antichi.
Conclusione
Pasolini con la vastità dei suoi interventi nelle varie forme culturali ed artistiche rimane una voce problematica e contradditoria, difficile da catalogare. Egli è per molti aspetti provocatorio a causa del suo pensiero e delle sue scelte di vita. E’ critico verso la Chiesa come istituzione ma nello
stesso tempo è profondamente segnato da problematiche religiose e da una tensione etica che lo avvicina, per alcuni aspetti, al messaggio profetico del cristianesimo. Leggere e discutere le sue poesie, i suoi saggi e il film sul Vangelo può essere un’occasione per formarsi un pensiero critico sulla modernità, per riflettere sulla mutazione antropologica indotta dal consumismo, per recuperare i valori tradizionali della famiglia e della vita, per volgere l’attenzione alle fasce povere della nostra società.
