Il lato oscuro delle IA: ci stanno rendendo meno intelligenti?

Fabio Calvino

L’intelligenza artificiale ci sta semplificando la vita — ma potrebbe anche semplificarci troppo?

Negli ultimi mesi diversi studi hanno analizzato gli effetti dell’uso sistematico delle IA, in particolare dei grandi modelli linguistici (LLM), sul comportamento cognitivo umano. In altre parole: cosa succede al nostro cervello quando deleghiamo pensiero e scrittura a un algoritmo?

Il cervello “in pausa”

Uno studio del MediaLab del MIT di Boston, pubblicato con il titolo “Your Brain on ChatGPT”, ha osservato come cambia l’attività cerebrale quando si scrive con o senza l’aiuto di ChatGPT.
I ricercatori hanno suddiviso i volontari in tre gruppi: uno ha potuto usare solo ChatGPT, un secondo ha usato il motore di ricerca di Google, mentre il terzo ha lavorato senza alcuno strumento digitale.

I risultati parlano chiaro: chi ha scritto con l’aiuto dell’IA ha mostrato la minore attività cerebrale e il più basso richiamo mnemonico. I loro testi erano formalmente impeccabili, ma poveri di originalità e con uno stile uniforme.
Al contrario, chi ha scritto senza alcun supporto ha registrato un coinvolgimento neurocognitivo molto più alto e una maggiore creatività. Google si è piazzato a metà strada: utile, ma meno stimolante del pensiero autonomo.

Quando l’IA aiuta (ma solo se arriva dopo)

Nella fase successiva dello studio, i gruppi si sono scambiati i ruoli. È emerso così un dato interessante: chi aveva prima scritto senza IA, e poi l’ha utilizzata, ha mostrato un uso più strategico e personalizzato dello strumento, con un incremento della connettività cerebrale.
Al contrario, chi aveva iniziato affidandosi all’IA ha poi faticato a tornare a pensare “da solo”. La loro attività neurale è risultata ridotta e le prestazioni peggiori: un chiaro segnale che una dipendenza precoce dagli LLM può compromettere lo sviluppo di competenze cognitive essenziali.

Anche il linguaggio si uniforma

Un secondo studio, condotto dall’Istituto Max Planck per lo Sviluppo Umano, ha rivelato un fenomeno curioso (e inquietante): gli esseri umani stanno imitando lo stile linguistico delle IA anche nella comunicazione orale.
Analizzando oltre 280.000 video accademici su YouTube, i ricercatori hanno notato l’aumento di espressioni tipiche dei testi riscritti con ChatGPT — una sorta di “firma digitale” linguistica.
Secondo gli autori, “gli esseri umani plasmano l’intelligenza artificiale, ma ne vengono a loro volta plasmati”: la tecnologia, dunque, non è neutra e neppure senza effetti collaterali.

Educare all’uso consapevole

Alla luce di questi dati, la domanda non è più se utilizzare o meno l’intelligenza artificiale, ma come farlo.
Entrambi gli studi concordano su un punto: l’IA può essere una preziosa alleata se usata in modo consapevole e non esclusivo, ma rappresenta un rischio per chi è ancora in fase di sviluppo cognitivo.
Per questo i minori devono essere tutelati e accompagnati all’uso critico degli strumenti digitali.

Infine, una riflessione che riguarda tutti noi: se non stiamo attenti, rischiamo di uniformarci noi alle macchine, perdendo la varietà e la ricchezza del linguaggio umano.
Usiamo dunque l’intelligenza artificiale per amplificare le nostre qualità più umane — la curiosità, la creatività, il pensiero critico — e lasciamo a lei i compiti meccanici.
Solo così potremo continuare a pensare (e scrivere) con la nostra testa.

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